Clima e cemento

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Ricevo da Ottorino Pagani questa riflessione sul tema del clima e del ruolo dell’industria delle costruzioni. Mi sembra un buon modo per introdurre i temi che domani gli studenti di tutto il mondo porranno all’attenzione dei governi:

“Il “Report sul “divario di circolarità” del Gennaio 2019 prodotto dalla Società di consulenza Circle Economy” evidenzia i seguenti dati:

“L’industria delle costruzioni vale circa il 50% del consumo mondiale di materie prime. Inoltre è responsabile per il 40% di emissioni di CO2 e del 36% per il consumo di energia. Indirizzare questi impatti attraverso uno sviluppo “circolare e neutro sul clima” diventa un aspetto cruciale. Dagli anni 70’ l’utilizzo di risorse naturali è triplicato, passando dai 26,7 Gton a 84,4 Gton ogni anno, e secondo le previsioni si raggiungerà l’incredibile cifra di 175 Gton entro il 2050.

Ogni anno si utilizzano 92,8 Gton di materiali (37,8 Gton di minerali per edilizia+9.5 Gton di minerali per metalli+16.6 Gton di combustibili fossili+28.7 Gton di biomassa), di questi: 84,4 Gton sono estratti dalla litosfera e 8,4 Gton provengono dal riciclo: solo il 9,1% dell’economia mondiale è circolare e questo provoca un “divario di circolarità” enorme.

Tra il 1900 e il 2010 i materiali utilizzati in costruzioni e infrastrutture ammontano a 792 Gton ; definiti anche “giacimenti” a lungo termine.

Ogni anno si realizzano 36 Gton di nuovi “giacimenti” e se ne demoliscono 14.5 Gton, cioè, si aggiungono 21,5 Gton di “nuovi giacimenti”. Dei 14.5 Gton delle demolizioni solo una piccola parte (circa 1.4 Gton sul totale dei materiali riciclati di 8,4 Gton) viene recuperato”.(1 Gton è uguale a 1 miliardo di tonnellate)

In questo contesto, il tema del “riciclo” diventa un imperativo; per quanto riguarda il calcestruzzo ho ricostruito una fotografia della situazione italiana:I dati (2016) del settore:- Produzione nazionale calcestruzzo = 27 milioni mc.; – Produzione nazionale rifiuti da attività di “Costruzione & Demolizione” = 53 milioni tonn.

Considerando i dosaggi medi, per la produzione nazionale di calcestruzzo potrebbero essere impiegati circa 15 milioni di aggregati riciclati..

Alcune considerazioni riportate nell’articolo “Calcestruzzo: gli aggregati naturali costano troppo poco ? di Andrea Dari pubblicato sul sito “inconcreto.net“: L’Italia si attesta su una percentuale di riciclo del 10% in cui prevalgono le micro demolizioni che hanno un contenuto prevalente di macerie indistinte che non permettono di produrre aggregati riciclati idonei per la produzione di aggregati strutturali come previsto dalle norme europee ed italiane.

La quota è così bassa perché l’Italia è molto lontana dagli standard di eccellenza nel riciclo degli stati del Nord-Europa, basti pensare all’Olanda che riutilizza o ricicla oltre il90%dei rifiuti da attività di “Costruzione & Demolizione” o alla Danimarca dove la media di utilizzo di aggregati di riciclo nel calcestruzzo sfiora il 90%.

Una prima considerazione che possiamo fare è che gli aggregati di riciclo, per essere utilizzati devono essere raccolti, lavorati, selezionati … tutte operazioni che hanno un costo, mentre oggi, anche a causa della crisi, l’inerte naturale si trova sul mercato a prezzi molto bassi.

L’impressione personale è che quindi, malgrado le migliori aziende del settore avrebbero tutte le competenze tecniche e tecnologiche per poter produrre ormai su scala industriale calcestruzzi con materiali da riciclo, si continuino a produrre soprattutto calcestruzzi tradizionali.”

Cioè, ancora una volta, il problema sono le regole del gioco “politiche”:

“Da un punto di vista della penalizzazione del ricorso alla discarica è importante citare le regole della Danimarca dove il costo dello smaltimento di una tonnellata di rifiuto da attività di “Costruzione & Demolizione” può superare i 50 €. Paesi UE con imposte sul conferimento a discarica e sull’estrazione di aggregati naturali presentano le maggiori percentuali di riciclaggio.

Inoltre, in molti Stati Membri della UE la separazione in opera dei materiali da costruzione e   demolizione in specifiche frazioni è obbligatoria. I processi di demolizione selettiva e di separazione in opera dei materiali identificano una serie di tecniche comunemente impiegate per produrre un rifiuto di demolizione di maggior qualità, con elevate potenzialità di riutilizzo come materiale da costruzione. (Vedi Direttiva UE 2018/849 del Parlamento e del Consiglio Europeo)”

In Italia, il Ministero dell’Ambiente ha definito dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) nell’ambito del Piano per la sostenibilità ambientale dei consumi del settore della Pubblica Amministrazione, con la legge 221/2015; successivamente il D.Lgs. 50/2016 “Codice degli appalti” (modificato dal D.Lgs 56/2017), hanno reso obbligatoria l’applicazione dei “CAM” da parte di tutte le stazioni appaltanti. Questa norma prevede un contenuto minimo di materiale riciclato nel calcestruzzo del 5% del peso.

Oltre al rispetto dei CAM, una “politica” locale virtuosa può fare da stimolo al riciclo, ad esempio: il Regolamento Edilizio del Comune di Bologna prevede degli incrementi sui volumi della costruzione se viene previsto l’utilizzo di calcestruzzi con aggregati riciclati.

Cioè, anche in Italia qualcosa si muove, ma siamo ai “minimi” e alla “buona volontà”; il problema climatico incombente dovrebbe invece suggerirci di accelerare l’allineamento  alle esperienze, alle norme e ai sistemi di penalizzazione/incentivazione  Europei. Non credo che siamo nelle condizioni di fare “orecchie da mercante” anche al recente monito del Presidente Mattarella; e domani i “ragazzi di Fridays for future” ci ricorderanno che dobbiamo “agire con molta urgenza”.